Rinascimento: '500

04.02.2021

DONATO BRAMANTE

Donato Bramante (Monte Asdrubaldo, oggi Fermignano, 1444- Roma, 1514). Massimo architetto e anche valido pittore del periodo rinascimentale, poco si conosce della sua giovinezza. D'umili origini si recò molto presto in Urbino ove ebbe come primo maestro Scirro da Casteldurante che fu uno dei cinque architetti attivi presso la corte montefeltresca. Erano gli anni in cui stava sorgendo su progetto di Luciano Laurana il grandioso Palazzo Ducale e non vi è motivo per dubitare che il giovane Bramante ne abbia ricevuto una notevole impressione. 

Cristo alla colonna

E' un dipinto realizzato da Donato Bramante nel 1490. Realizzato a tempera su tavola, il quadro è di medie dimensioni, ed è conservato alla Pinacoteca di Brera. La figura di Cristo è presentata a mezzo busto, imponente, vista dal basso e tratteggiata con netto contrasto chiaroscurale. Il trattamento pittorico mostra l'apprendimento della maniera fiamminga, avvenuta probabilmente nella corte urbinate dei Montefeltro. Il colorito dell'anatomia è molto puntuale, attento ad ogni sfumatura e variazione cromatica dell'epidermide, fa notare le vene, ora ingrossate dalle strette dei lacci, ora visibili sottopelle in trasparenza, e ogni piega della pelle. I capelli, biondi e ricciuti, ricevono i riflessi del sole, il viso è tagliato in due da luce e ombra che colpiscono violentemente e mettono in evidenza l'espressione sofferente e insieme eroica. Lo sguardo è particolarmente vivo, rivolto a qualcosa o qualcuno che si trova alla sua sinistra, con una direzione precisa. Il corpo però appare perfetto e classico nelle proporzioni. Anche l'interno in cui si inserisce la figura è classico. Alla colonna tradizionale Bramante sostituisce un pilastro decorato con motivi vegetali dorati.

Sulla sinistra lo spazio si apre attraverso il vano di una finestra. Sul parapetto è appoggiato un calice d'oro, (il Graal) contenitore del sangue di Cristo e chiaro simbolo di eucarestia. E' illuminato da sinistra dalla luce di un sole al tramonto. Oltre il parapetto è dipinto un paesaggio, descritto minutamente, con mare, colline, montagne, barche e personaggi lontanissimi che svolgono diverse attività. La resa pittorica ad alta definizione, ricorda il gusto fiammingo.


CORO DELLA CHIESA DI SANTA MARIA PRESSO SAN SATIRO

La pianta a croce commissa faceva risultare la chiesa sbilanciata, poiché non era stato possibile costruire una cavità absidale sufficientemente profonda per la presenza di una strada, via del Falcone, che corre all'esterno e impediva lo sviluppo in lunghezza dell'abside. La terminazione improvvisa dello sviluppo della chiesa, con un muro pieno dietro all'altare senza coro e senza una vera abside, creava un effetto sgradevole di interruzione troppo brusca.

Il problema viene risolto da Bramante con un finto coro in stucco dipinto che razionalizzasse l'intera struttura. Esso quindi si pone come una sorta di supporto psicologico all'equilibrio della cupola, che altrimenti sarebbe apparso precario. Infatti, secondo le normali regole costruttive, una cupola ha bisogno di ampie strutture (navate, transetti, cori, absidi, absidìole) tutt'attorno, affinché le tensioni che essa genera possano essere efficacemente contrastate. Allo stesso tempo, il finto coro ricompone visivamente quel senso di dilatazione spaziale di cui la cupola è il centro e che il muro pieno avrebbe arrestato troppo bruscamente, e riequilibra lo spazio maestoso del resto della chiesa. L'intervento di Bramante si gioca tutto in uno spazio esiguo di soli 90 cm., ma riesce a creare l'immagine di un'abside monumentale, profonda e coperta da volte a botte con cassettoni. Bramante, conoscendo a fondo la prospettiva, riesce a mascherare la mancanza di spazio con un coro illusionistico.


Tempietto di San Pietro in Montorio, ispirato al Pantheon.


LEONARDO DA VINCI

Leonardo da Vinci nasce il 15 aprile 1452 a Vinci, nei pressi di Firenze. Figlio illegittimo del notaio Ser Piero D'Antonio, trascorre la sua infanzia in campagna. A 16 anni si trasferisce con il padre a Firenze. Firenze è all'epoca uno dei centri culturali più vivaci d'Europa. Giungono da tutta Italia artisti, filosofi e letterati. Il clima vitale e dinamico favorisce lo scambio e le nuove idee: è il Rinascimento. Il giovane Leonardo matura la decisione di studiare pittura ed entra nella bottega d'arte del Verrocchio.

Tra le prime opere di Leonardo vi è la testa dell'angelo nel Battesimo di Cristo firmato dal Verrocchio. Si racconta che, colpito dalla bravura del giovane allievo, il Verrocchio abbia deciso di non dipingere più. Nel 1482 viene chiamato a Milano alla corte di Ludovico il Moro dove resterà per 17 anni. Qui realizza alcuni dei suoi ritratti più celebri: la Dama con l'ermellino, il Ritratto di musico e la Belle Ferronière. Nel 1495 riceve l'incarico di affrescare il refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano. Sceglie di dipingere l'Ultima cena.

La tecnica dell'affresco mal si adatta all'indole di Leonardo. Il tipo di tempera utilizzata per gli affreschi, infatti, asciuga subito e non consente di intervenire sul dipinto dopo la prima stesura. Per L'ultima cena, Leonardo utilizza un impasto che asciuga lentamente, questa scelta comprometterà l'opera che, già pochi anni dopo la sua realizzazione, comincerà a mostrare i primi segni di cedimento. Riluttante a considerare finite le proprie opere, Leonardo non cessa di apportare ritocchi e correzioni anche a distanza di anni. Sono pochi infatti i dipinti del fiorentino che possano dirsi effettivamente conclusi. Alla fine del 1499 Leonardo lascia Milano: la sua fama è al culmine e riceve incarichi da tutte le corti d'Italia. È in quest'epoca che Leonardo dipinge la Gioconda. Un dipinto più volte ritoccato e che lo accompagnerà fino all'ultimo dei suoi giorni. Recenti esami ai raggi x hanno mostrato che sotto lo strato più superficiale ci sono altre 3 versioni del ritratto. Nel 1503 il nobile fiorentino Pier Soderini chiama Leonardo e Michelangelo per affrescare due pareti della sala del consiglio grande di Palazzo Vecchio a Firenze. I due sono divisi un'antica rivalità. Il confronto non avverrà perché Michelangelo viene chiamato a Roma dal papa. Nel 1513 anche Leonardo si reca a Roma. Raffaello sta dipingendo le Stanze degli appartamenti del pontefice e Michelangelo ha appena finito di affrescare la Cappella Sistina. Ma Leonardo non partecipa alla vita di corte papale e preferisce dedicarsi ai suoi studi scientifici. A Roma, tra il 1513 e il 1516, dipinge la sua ultima opera: il San Giovanni Battista. Nel 1517 alla morte di Giuliano de Medici, Leonardo perde il suo protettore accettando l'invito del re di Francia Francesco I che gli concede una rendita e lo ricopre di onori. Qui, presso la corte di Francesco I ad Amboise, Leonardo si spegne il 2 maggio 1519 all'età di 67 anni.

ANNUNCIAZIONE

Tra le varie e meravigliose opere di pittura attribuite con certezza dai maggiori esperti e conoscitori di arte al grande genio italiano che risponde al celebre nome di Leonardo Da Vinci, vi è anche una bellissima Annunciazione che oggi possiamo trovare e ammirare presso uno dei Musei più belli e importanti che abbiamo in Italia, la Galleria degli Uffizi nella città di Firenze. Questa Annunciazione è un dipinto eseguito da un giovanissimo Leonardo in un periodo che gli esperti datano tra il 1472 e il 1475 circa, cioè quando l'artista toscano aveva poco più che vent'anni. Questa tavola in legno ha una forma particolare infatti le dimensioni sono di 217 centimetri circa di larghezza orizzontale e 98 centimetri circa di altezza verticale.

Nel capolavoro di Leonardo dell'Annunciazione, possiamo vedere raffigurata una celebre e importante scena descritta nella Sacra Bibbia e che penso tutti noi conosciamo bene. La scena è quella in cui un meraviglioso Angelo viene mandato da Dio per annunciare (da qui il titolo dell'opera) alla dolce Maria che presto diventerà la madre di un bellissimo bambino che verrà chiamato Gesù, il figlio di Dio. Questa particolare scena narrata dalla Bibbia è stata sempre molto "sentita" a livello emozionale e molto apprezzata da chiunque, al punto che soprattutto nel periodo del Rinascimento ma anche dopo, ogni pittore sia esso già celebre e meno celebre doveva avere tra le sue opere almeno una Annunciazione da poter mostrare a chiunque. A dire degli esperti d'arte però, nell'Annunciazione di Leonardo si può vedere che l'artista si allontanò in modo del tutto consapevole da quella che era l'iconografia "solita", cioè quella tradizionale del tema dell'Annunciazione che usavano tutti gli altri artisti. Leonardo ambientò la scena dell'apparizione dell'Angelo a Maria in un bel giardino, cioè all'esterno della casa della Vergine, anziché nella consueta camera da letto o in altro ambiente sempre chiuso, che serviva agli artisti per inserire alcuni elementi iconografici precisi come il letto, mentre l'Angelo poteva essere inserito nel dipinto in una posizione esterna come un orto o un piccolo giardino recintato con alte mura che stava a significare il ventre sicuro della Vergine. Nell'Annunciazione di Leonardo possiamo vedere l'Angelo nella parte sinistra del giardino mentre la Vergine Maria è raffigurata nella parte destra. Anche altri celebri pittori come per esempio il Beato Angelico nelle loro opere con questo tema hanno usato la stessa posizione dei due personaggi. L'Angelo di Leonardo attraverso i lineamenti del viso uniti alla posa genuflessa dopo aver planato dal cielo ci indica un grande rispetto verso la Donna che ha di fronte. Egli tiene nella mano sinistra un fiore, un giglio trifiorito che sta a simboleggiare la verginità della Madre di Gesù nei tre momenti, prima durante e dopo il parto, mentre con la mano destra benedice la Vergine che le sta di fronte. Egli è vestito con una tunica bianca e con un mantello di colore rosso da dove sbucano due ali di uccello comune e non come quelli del pavone che molti altri artisti usavano a modello per gli angeli, tutti variopinti e pieni di colori. La Vergine invece sembra nella posizione di essere stata colta nel momento in cui stava leggendo un libro che è appoggiato su un leggio posato su una sorta di altare riccamente ornato e posto davanti a Lei, mentre alle sue spalle si intravede l'entrata di una stanza con un letto. Lei è vestita meravigliosamente dal Leonardo, con tutte le luci e le ombre giuste rese dalle pieghe di una veste di colore rosso e azzurro, che sono i colori tradizionali che abbiamo imparato a riconoscere quando vediamo un dipinto o una statua della dolce Madre, la Vergine Maria. Il giardino e lo sfondo sono di una bellezza unica con vari tipi di fiori e piante che Leonardo ci descrive con maestria e perfezione, grazie anche ai suoi numerosi studi di botanica che fece. Insomma come ormai ci ha abituato, con questa Annunciazione abbiamo la fortuna di poter ammirare una altra opera meravigliosa scaturita dal grande genio di Leonardo da Vinci.

IL CENACOLO

L'opera è stata ideato ed eseguita dal grande Leonardo da Vinci fra il 1493 e il 1498 per il refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Il committente dell'opera è Ludovico il Moro. Questi ha scelto la chiesa domenicana come luogo di sepoltura del proprio casato. Si riscontra, poi, nella tavola imbandita un primo esempio di natura morta.

L'affresco rappresenta l'Ultima Cena di Gesù con i suoi apostoli. Il soggetto è frequente nell'iconografia dell'arte cristiana. Nel Quattrocento era rappresentato, secondo uno schema ricorrente, con Giuda isolato nella parte opposta del tavolo. Leonardo, invece, modifica per la prima volta questa impostazione. Dispone infatti gli apostoli lungo un solo lato della mensa, simmetricamente alla figura di Gesù. L'artista comprende che il tradimento è parte del disegno divino e Giuda è solo uno strumento nelle mani di Dio affinché il destino di Gesù possa compiersi. Il momento raffigurato nell'Ultima Cena è tratto dal Vangelo di Giovanni e mostra l'attimo successivo all'annuncio di Gesù dell'imminente tradimento: In verità, vi dico: uno di voi mi tradirà.Gli apostoli sono raggruppati a tre a tre all'interno di una scatola prospettica di rigida e chiara leggibilità e sottolineata dal soffitto che degrada verso il fondo aperto su un paesaggio luminoso. Tra essi c'è chi mostra dolore, chi sconcerto o incredulità, chi ancora, stupito, si rivolge al compagno per cercare di capire, mentre la figura di Gesù, isolata al centro, è composta e solenne. Il suo annuncio, quindi, genera una reazione a catena che coinvolge tutti gli apostoli tranne Giuda. 

Giuda è riconoscibile per la borsa dei denari, sciagurato compenso per aver venduto Gesù ai suoi carnefici. Il coltello impugnato da Pietro e tenuto dietro la schiena di Giuda è il simbolo del tradimento. Con la mano sinistra Pietro scuote Giovanni e gli chiede a chi Gesù si riferisca. All'estrema destra del tavolo, da sinistra a destra, Matteo, Giuda Taddeo e Simone esprimono con gesti concitati il loro smarrimento e la loro incredulità. Giacono Maggiore (quinto da destra) spalanca le braccia attonito; vicino a lui Filippo porta le mani al petto, protestando la sua innocenza; dietro di lui c'è Tommaso (con il dito alzato). All'estrema sinistra del tavolo, da sinistra a destra, Bartolomeo, Giacomo Minore e Andrea.

LA GIOCONDA

La Gioconda esprime più di tutti la poetica di Leonardo: vi è uno stretto rapporto tra il particolare e l'universale, rappresentato dal rapporto pacifico tra il paesaggio e la donna. Questa si trova in uno stato di beatitudine, che si riscontra nel famoso sorriso enigmatico. Sorriso interpretato da molti come espressione del suo stare bene nel mondo. Si tratta di uno dei dipinti più ripreso e sfruttato da artisti, pubblicitari e media.

La fama de La Gioconda è dovuta all'alone di mistero che l'avvolge, perché non si conosce con certezza il nome della donna, ma soprattutto non si è ancora riusciti a comprendere appieno lo sguardo e il sorriso che appaiono mutevoli quasi enigmatici.

La Gioconda appare in perfetta armonia con il paesaggio alle sue spalle e sembra comunicare con chi la guarda. Leonardo rinnova in modo deciso il genere del ritratto. La sua posizione non è simmetrica ma esprime naturalezza. Leonardo sceglie la posizione di tre quarti, che consente di coglierne la mobilità: busto, testa e braccia sono in posizione leggermente ruotate, tanto che essa sembra impercettibilmente muoversi.

Sul capo ha un velo. Dietro La Gioconda vi è un balcone, al di là del quale un paesaggio, che è stato identificato con il paesaggio tra Arezzo e Firenze. Un paesaggio a tratti primitivo e preistorico.

Il dipinto La Gioconda non ebbe studi preparatori e mostra una definitiva messa a punto della tecnica dello sfumato, già sperimentato in opere come la Vergine delle rocce .


RAFFAELLO SANZIO

Raffaello Sanzio (1483-1520), formato nella bottega del padre Giovanni Santi, cresce a Urbino nel fervido clima culturale della corte dei Montefeltro.

Dopo le premature morti dei genitori, Raffaello entra in contatto con Perugino, lavora a Città di Castello e a soli quindici anni dimostra piena padronanza nella gestione della bottega paterna. A inizio '500, il giovane è già tra gli artisti più richiesti in Umbria; dopo brevi soggiorni a Firenze e Roma, raggiunge Pinturicchio (1454-1513) a Siena e realizza per l'amico alcuni cartoni destinati agli affreschi della Libreria Piccolomini. Nel 1504, anno del celebre Sposalizio della Vergine, si trasferisce a Firenze, la vicinanza di Leonardo e Michelangelo è visibile nelle straordinarie opere di devozione privata e nei ritratti per ricchi borghesi. Nel 1507, realizza la Deposizione Baglioni, altra svolta repentina verso i futuri esiti degli anni romani.

Dalla fine del 1508, Giulio II lo chiama a Roma e qui, Raffaello, con una scelta squadra di collaboratori, crea i celeberrimi capolavori fra cui le Stanze e le Logge Vaticane, la Loggia di Psiche a Villa Chigi, nonché cicli di arazzi per papa Leone X. Dopo la morte dell'amico Bramante, nel 1514, il pittore eredita l'incarico di architetto capo per la fabbrica di San Pietro, progetta la Cappella Chigi (Santa Maria del Popolo) e Villa Madama. Con atteggiamento da archeologo, Raffaello si occupa anche degli scavi dell'antica Roma, iniziando a censire il patrimonio sotterrato. Tra le ultime opere, il ritratto della sua amata, la Fornarina e la Trasfigurazione, una grande pala d'altare terminata dal suo aiuto più fidato, il pittore Giulio Romano (1499-1546). Alla sua morte, come ricorda il Vasari, l'opera fu portata dai suoi allievi davanti al letto. Per suo volere, Raffaello fu sepolto al Pantheon di Roma.

SPOSALIZIO DELLA VERGINE

Molte fonti, in primis quella autorevole del Vasari, sostengono che l'apprendistato di Raffaello ebbe luogo nella bottega di Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come Perugino (1448-1523). Negli ultimi anni, un importante confronto tra storici dell'arte e studiosi come Forcellino, ha restituito alla figura del padre Giovanni Santi maggior rilievo. Alcuni documenti infatti, dimostrano che Raffaello a diciassette anni era in grado di dirigere una bottega, occupandosi anche di aspetti legali e amministrativi. Secondo Forcellino, Raffaello frequentò Perugino con il solo scopo di studiarne le tecniche e poi superarle, dimostrando così ai suoi committenti di essere un pittore ben più valente. Un esempio eclatante, fu la commissione dello Sposalizio della Vergine (1504); Raffaello fece esplicito riferimento allo stesso soggetto del Perugino, riproponendo lo spazio e la struttura compositiva, ma cambiò e migliorò ogni singolo dettaglio. 

La scena principale in primo piano mostra vari personaggi:

Sposalizio della Vergine - dipinto di Raffaello - particolare pretendente deluso

pretendente deluso

-Al centro vi è il sacerdote, simbolo di Cristo e personaggio centrale, anello di congiunzione formale e simbolica tre i due gruppi di persone ai suoi lati. Queste figure facendo perno sul sacerdote si dispongono in due semicerchi, uno aperto verso lo spettatore e l'altro verso il tempio. Il sacerdote sostiene le mani degli sposi mentre Giuseppe infila l'anello nell'anulare di Maria;

-A destra, a lato di Giuseppe, vi è un corteo di uomini, sono i pretendenti alla mano di Maria, tutti hanno un ramoscello in mano, di cui l'unico fiorito è quello di Giuseppe.

Giuseppe è in posizione più avanzata rispetto a loro, regge la verga fiorita ed è, in segno di umiltà, a piedi scalzi. Accanto a Giuseppe vi è un pretendente che irato spezza il suo ramoscello che non è fiorito;

-A sinistra, a lato di Maria, vi sono giovani donne.

-Nella piazza vi sono qua e là figure di passanti che diventano più piccole verso il fondo a dare l'idea della profondità dello spazio.

L'atteggiamento dei corpi è sciolto e privo di tensione, aggraziato nei movimenti. L'inclinazione delle teste rende le figure leggermente leziose.

Tra spazio e figure vi è un perfetto equilibrio.

STANZE VATICANE

Nel 1508 Raffaello Sanzio (nato nel 1483 e morto nel 1520) viene invitato dal papa Giulio II della Rovere a decorare alcuni ambienti dei nuovi appartamenti papali. Erano già stati chiamati artisti del calibro di Lorenzo Lotto, il Perugino (maestro di Raffaello), il Sodoma e il Bramantino. Era stato Donato Bramante a fare il nome del giovane Raffaello al pontefice e questa scelta si rivelerà vincente. La prima stanza da decorare, infatti, è quella detta della Segnatura, ovvero la biblioteca privata del papa che dal 1541, però, diventa sede del Tribunale Ecclesiastico. Gli artisti si mettono al lavoro ma quando Giulio II posa gli occhi sulle prime di Raffaello decide di affidare solo a lui la realizzazione dell'opera. Il giovane Raffaello e la sua bottega, quindi, lavorano agli affreschi tra il 1509 e il 1511. In questa stanza possiamo trovare due affreschi estremamente famosi: la Disputa del Sacramento e La Scuola di Atene.

Nell'affresco i più celebri filosofi e matematici dell'antichità sono ritratti mentre dialogano tra loro sullo sfondo di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva. Le figure sono disposte su due piani definiti da una larga scalinata che taglia l'intera scena. Un primo e più numeroso gruppo è disposto ai lati della coppia centrale di Platone e Aristotele che conversano tra loro. Un secondo gruppo sulla sinistra è rappresentato dai pensatori interessati alla conoscenza della natura e dei fenomeni celesti. Un terzo, simmetrico al secondo, è dei matematici dove Euclide è intento a tracciare una dimostrazione geometrica.

Le cinquantotto figure presenti nell'affresco hanno sempre sollecitato gli studiosi alla loro identificazione. Quel che è certo è che per figurare vari personaggi Raffaello scelse il volto di artisti a lui contemporanei. Per esempio Platone ha le sembianze di Leonardo da Vinci che regge il Timeo e solleva il dito verso l'alto a indicare Il Bene.Aristotele invece, il cui volto sembra essere quello del maestro di prospettive Bastiano da Sangallo e tiene tra le mani l'Etica Nicomachea.Il personaggio sulla sinistra, di fianco a Parmenide, dai tratti efebici, vestito di bianco che guarda verso lo spettatore sarebbe Francesco Maria Della Rovere, duca di Urbino e nipote del papa Giulio II. Euclide (o secondo altri Archimede) è raffigurato con l'aspetto di Donato Bramante. Michelangelo Buonarroti darebbe il volto al filosofo Eraclito. Raffaello avrebbe messo anche se stesso nell'affresco, impresonando la figura del celebre pittore greco Apelle. 

La stanza di Eliodoro e la Liberazione di San Pietro

La stanza successiva è detta Stanza di Eliodoro ed era una camera destinata alle udienze. L'affresco principale, che dà il nome all'intera stanza, è la Cacciata di Eliodoro dal tempio, un episodio veterotestamentario che vede Eliodoro, empio e ingiusto, punito dalla volontà di Dio. Ci si riferisce, quindi, alla riaffermazione del potere della Chiesa: infatti lo stesso Giulio II viene ritratto nel dipinto, sopra un baldacchino. 

Un altro affresco della stanza è La liberazione di San Pietro dal carcere in cui un angelo libera l'apostolo dalla prigionia. La narrazione si dispiega lungo tre momenti consecutivi e l'operazione viene coadiuvata da un sapiente ricorso all'architettura che aiuta dividere le tre scene. L'angelo sveglia San Pietro e lo libera dalle catene (al centro), le guardie sono addormentate e i due possono scappare (a destra) ma alcuni soldati si accorgono della fuga (sinistra). L'occhio dello spettatore è immediatamente conquistato dalla splendida luce dell'angelo che riscalda con la propria presenza tutto ciò che gli sta intorno.

TRASFIGURAZIONE DI RAFFAELLO

Nella pala sono raffigurati due episodi narrati in successione nel Vangelo di Matteo: la Trasfigurazione in alto, con il Cristo in gloria tra i profeti Mosè ed Elia, e, in basso in primo piano, l'incontro degli Apostoli con il fanciullo ossesso che verrà miracolosamente guarito dal Cristo al suo ritorno dal Monte Tabor.

Il dipinto è l'ultimo eseguito da Raffaello e si configura come il testamento spirituale dell'artista. L'opera è considerata nella sua biografia, scritta dal celebre artista e biografo del Cinquecento Giorgio Vasari, "la più celebrata, la più bella e la più divina".


TIZIANO VECELLIO

Non ci sono notizie attendibili sulla nascita di Tiziano, collocabile tra il 1485 e il 1490, e il suo trasferimento a Venezia agli inizi del Cinquecento. Qui le sue abilità tecniche lo fanno apprezzare da importanti famiglie portandolo alla commissione degli affreschi per il Fondaco dei Tedeschi (nel 1508, con Giorgione). Le sue straordinarie qualità di ritrattista gli apriranno poi le porte dell'Europa, dalla Francia all'Impero che con Carlo V e poi Filippo II saranno i suoi più importanti e costanti committenti. 

AMOR SACRO E AMOR PROFANO

Da Giovanni Bellini e da Giorgione apprende il modo di raffigurare la natura mediante la prospettiva tonale. Giorgione in particolare gli insegna a ridurre l'importanza del disegno, fino a esprimersi utilizzando esclusivamente il colore. L'opera che maggiormente risente dell'influenza di Giorgione è Amor sacro e Amor profano. In primo piano, sullo sfondo di un paesaggio tranquillo, reso con straordinaria sensibilità cromatica, domina un sarcofago marmoreo antico, utilizzato come vasca, la cui forma allungata accompagna il formato rettangolare e orizzontale della tela. Ai lati estremi del sarcofago sono morbidamente appoggiate due donne, mentre al centro Cupido (Eros per i Greci) gioca con l'acqua. 

La donna a sinistra, il cui sguardo, rivolto fisso all'osservatore, rivela un carattere fermo e deciso, è sontuosamente vestita. Il suo abito bianco, dall'ampia scollatura che lascia intravedere le spalle nude, è stretto in vita da una cintura dorata. Le maniche, una rossa e una bianca, si gonfiano all'altezza dei gomiti in elaborati panneggi. La sericità e i riflessi perlacei di questo vestito risaltano contro il fondo scuro degli alberi. La donna porta dei corti guanti alle mani e stringe con la destra un mazzolino di fiori; i suoi biondi capelli, raccolti morbidamente sulla nuca, ricadono davanti, morbidi e fluenti, sulle spalle scoperte. La figura femminile di destra è invece completamente nuda, appena coperta da un panno bianco stretto intorno ai fianchi e da un ampio drappo di colore rosso brillante tenuto con la spalla sinistra. Seduta precariamente sul sarcofago, incrocia pudicamente le gambe e benché mostri frontalmente il suo corpo generoso allo sguardo dell'osservatore, volge teneramente la testa verso l'altra donna, porgendoci il profilo delicato del suo volto.

Impariamo la storia dell'arte Via Santa Maria di Costantinopoli, 107, 80138, Napoli NA.

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